Una storia imprenditoriale al servizio dell’arte e della cultura.
Una storia imprenditoriale al servizio dell’arte e della cultura.
Innovazione, coraggio e visione, uniti all’amore per la musica, dall’inizio dell’Ottocento fino ai giorni nostri.

Casa Ricordi
Casa Ricordi
I periodi storici che hanno trasformato la visione di un giovane imprenditore in un’avventura di successo. Il racconto delle persone, delle scelte coraggiose e delle opere di ingegno che hanno reso popolare l’arte della musica.
1808-1853
Le origini e Giovanni Ricordi

Dopo la formazione a Lipsia, Giovanni Ricordi fonda a Milano un’impresa editoriale moderna, creando archivi, catalogo operistico e tutela del diritto d’autore.
1853-1888
Tito I Ricordi e l’espansione internazionale

Con Tito I Ricordi l’azienda si espande in Italia ed Europa (Napoli, Firenze, Roma, Londra, Palermo, Parigi), diventando la maggiore casa musicale del tempo.
1888-1912
Giulio Ricordi e l’età dell’oro

Con Tito I Ricordi l’azienda si espande in Europa, consolida il catalogo operistico e afferma il primato internazionale dell’editoria musicale.
1912-1919
Tito II Ricordi e le sfide del primo Novecento

Con Tito II Ricordi l’azienda affronta guerra e modernità, sperimenta nuovi linguaggi e conclude la gestione familiare storica.
1919-1943
Anni di crisi: Valcarenghi e Clausetti

La direzione passa ai manager Renzo Valcarenghi e Carlo Clausetti, che guidano Ricordi in un periodo segnato da crisi, fascismo e trasformazioni del sistema teatrale.
1944-1956
Ricostruzione e rilancio nel dopoguerra

Tra crisi, regime e guerra, Ricordi resiste con una gestione esterna, salvando il patrimonio musicale in anni drammatici.
1956-1963
I cantautori e la nuova musica leggera

Con Nanni Ricordi nascono Dischi Ricordi e i cantautori, rivoluzionando la musica leggera italiana tra impresa e cultura.
Anni '60, '70 e '80
Tradizione e avanguardia

Tra anni ’60 e ’80 Ricordi unisce tradizione e avanguardia, diventando riferimento internazionale per editoria e musica contemporanea.
1994 – OGGI
Dalla gestione familiare ai grandi gruppi

Dal 1994 Ricordi entra nei grandi gruppi internazionali, mantenendo identità storica e tutela dell’Archivio come patrimonio culturale.
MUSEO RICORDI
MUSEO RICORDI
MUSEO RICORDI
Una storia, cento storie.
Una storia, cento storie.
Dall’intuizione pionieristica di Giovanni Ricordi nel 1808, fino alle evoluzioni globali del XXI secolo. Una storia imprenditoriale riflesso dell’evoluzione della musica e dell’industria culturale italiana. Ricordi ha saputo innovare: dall’editoria a stampa all’impresa teatrale, dalla grafica pubblicitaria all’industria discografica, fino alla musicologia e alle tecnologie digitali. Ha lanciato e supportato generazioni di artisti: dai giganti dell’opera romantica (Rossini, Verdi, Puccini), ai creatori del linguaggio musicale novecentesco (Nono, Berio) fino ai cantautori della canzone moderna (Paoli, De André, Battisti). Il nome Ricordi rappresenta un glorioso catalogo di 200 anni di musica, un impegno nella produzione musicale contemporanea e nella salvaguardia della memoria storica. Casa Ricordi, forte della propria eredità, continua così a unire arte e lavoro (“ars et labor”), guardando al futuro con i piedi ben saldi in un passato glorioso.

Corti d’autore
Corti d’autore
La storia raccontata per immagini.
Le origini dell’editoria musicale in Italia
Casa Ricordi nasce nel 1808 dall’iniziativa di Giovanni Ricordi, violinista e copista milanese che intuì le potenzialità di una moderna impresa editoriale musicale. Dopo un viaggio a Lipsia, nel 1807, per apprendere le tecniche di incisione presso l’editore tedesco Breitkopf & Härtel, Ricordi importò in Italia un torchio calcografico e fondò a Milano la sua casa editrice, introducendo per la prima volta nel Paese la stampa a incisione di spartiti operistici. Già nel 1808 pubblicò lo spartito per canto e pianoforte di un’opera completa – Adelasia e Aleramo di Mayr – un fatto inedito in un’epoca in cui si diffondevano soltanto arie o brani singoli, manoscritti o a stampa. Questa innovazione rispondeva al crescente mercato degli amatori di musica, consentendo a cantanti e dilettanti di acquistare l’intera opera in partitura ridotta, mentre le partiture orchestrali restavano di proprietà dell’editore e venivano noleggiate ai teatri per le esecuzioni. Questa duplice strategia – vendita degli spartiti ai privati e noleggio dei materiali orchestrali ai teatri – pose le basi del successo imprenditoriale di Casa Ricordi. Nei decenni successivi l’azienda crebbe, trasformandosi da bottega artigiana in un’industria culturale a tutti gli effetti. Giovanni Ricordi fu anche formatore di incisori e stampatori: collaborò con l’incisore torinese Felice Festa e avviò una tradizione italiana nell’arte dell’incisione musicale, creando una vera e propria “scuola” di artigiani specializzati. Parallelamente adottò moderne strategie di business: ampliò il catalogo acquisendo interi archivi musicali – come quello del Teatro alla Scala nel 1825 – e opere di editori concorrenti, costruendo così un repertorio vastissimo. Alla metà dell’Ottocento il catalogo Ricordi vantava migliaia di titoli, includendo opere dei maggiori operisti italiani (Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante ecc.) e assicurandosi fin dagli esordi la collaborazione di Giuseppe Verdi. Proprio la lungimirante politica di contratti di esclusiva con compositori di primo piano, come Verdi, conferì a Casa Ricordi un ruolo dominante nel panorama musicale italiano e internazionale della seconda metà dell’Ottocento. Verso la fine del secolo l’azienda compì il salto definitivo verso l’industrializzazione. Sfruttando i progressi tecnologici e legislativi – come si vedrà a proposito del diritto d’autore – nel 1883 Ricordi inaugurò a Milano un nuovo stabilimento tipografico all’avanguardia, descritto all’epoca come uno dei più moderni ed efficienti d’Europa. In questo vasto complesso di oltre 4.000 mq vennero affiancate alla stampa musicale tradizionale anche le più avanzate tecniche litografiche e tipografiche: erano installate quindici macchine litografiche a colori, dieci torchi litografici e nove torchi calcografici, con una capacità produttiva di circa 25 milioni di fogli musicali all’anno. L’impianto comprendeva anche servizi innovativi per i lavoratori, come docce e deposito per biciclette, segno di un’organizzazione industriale moderna. Grazie a questa infrastruttura, Casa Ricordi poté gestire internamente l’intero ciclo produttivo – incisione, stampa e distribuzione – e rafforzare la propria rete commerciale con filiali nelle principali città italiane (Napoli, Firenze, Roma, Palermo) e all’estero (Londra nel 1878, Parigi nel 1888, New York nel 1906). L’evoluzione da impresa familiare a colosso editoriale internazionale era compiuta: Ricordi si affermò come “l’editore dei grandi operisti italiani”, trasformando un mestiere artigianale in un’industria culturale destinata a segnare la storia della musica.
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Le origini dell’editoria musicale in Italia
Casa Ricordi nasce nel 1808 dall’iniziativa di Giovanni Ricordi, violinista e copista milanese che intuì le potenzialità di una moderna impresa editoriale musicale. Dopo un viaggio a Lipsia, nel 1807, per apprendere le tecniche di incisione presso l’editore tedesco Breitkopf & Härtel, Ricordi importò in Italia un torchio calcografico e fondò a Milano la sua casa editrice, introducendo per la prima volta nel Paese la stampa a incisione di spartiti operistici. Già nel 1808 pubblicò lo spartito per canto e pianoforte di un’opera completa – Adelasia e Aleramo di Mayr – un fatto inedito in un’epoca in cui si diffondevano soltanto arie o brani singoli, manoscritti o a stampa. Questa innovazione rispondeva al crescente mercato degli amatori di musica, consentendo a cantanti e dilettanti di acquistare l’intera opera in partitura ridotta, mentre le partiture orchestrali restavano di proprietà dell’editore e venivano noleggiate ai teatri per le esecuzioni. Questa duplice strategia – vendita degli spartiti ai privati e noleggio dei materiali orchestrali ai teatri – pose le basi del successo imprenditoriale di Casa Ricordi. Nei decenni successivi l’azienda crebbe, trasformandosi da bottega artigiana in un’industria culturale a tutti gli effetti. Giovanni Ricordi fu anche formatore di incisori e stampatori: collaborò con l’incisore torinese Felice Festa e avviò una tradizione italiana nell’arte dell’incisione musicale, creando una vera e propria “scuola” di artigiani specializzati. Parallelamente adottò moderne strategie di business: ampliò il catalogo acquisendo interi archivi musicali – come quello del Teatro alla Scala nel 1825 – e opere di editori concorrenti, costruendo così un repertorio vastissimo. Alla metà dell’Ottocento il catalogo Ricordi vantava migliaia di titoli, includendo opere dei maggiori operisti italiani (Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante ecc.) e assicurandosi fin dagli esordi la collaborazione di Giuseppe Verdi. Proprio la lungimirante politica di contratti di esclusiva con compositori di primo piano, come Verdi, conferì a Casa Ricordi un ruolo dominante nel panorama musicale italiano e internazionale della seconda metà dell’Ottocento. Verso la fine del secolo l’azienda compì il salto definitivo verso l’industrializzazione. Sfruttando i progressi tecnologici e legislativi – come si vedrà a proposito del diritto d’autore – nel 1883 Ricordi inaugurò a Milano un nuovo stabilimento tipografico all’avanguardia, descritto all’epoca come uno dei più moderni ed efficienti d’Europa. In questo vasto complesso di oltre 4.000 mq vennero affiancate alla stampa musicale tradizionale anche le più avanzate tecniche litografiche e tipografiche: erano installate quindici macchine litografiche a colori, dieci torchi litografici e nove torchi calcografici, con una capacità produttiva di circa 25 milioni di fogli musicali all’anno. L’impianto comprendeva anche servizi innovativi per i lavoratori, come docce e deposito per biciclette, segno di un’organizzazione industriale moderna. Grazie a questa infrastruttura, Casa Ricordi poté gestire internamente l’intero ciclo produttivo – incisione, stampa e distribuzione – e rafforzare la propria rete commerciale con filiali nelle principali città italiane (Napoli, Firenze, Roma, Palermo) e all’estero (Londra nel 1878, Parigi nel 1888, New York nel 1906). L’evoluzione da impresa familiare a colosso editoriale internazionale era compiuta: Ricordi si affermò come “l’editore dei grandi operisti italiani”, trasformando un mestiere artigianale in un’industria culturale destinata a segnare la storia della musica.
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Le origini dell’editoria musicale in Italia
Casa Ricordi nasce nel 1808 dall’iniziativa di Giovanni Ricordi, violinista e copista milanese che intuì le potenzialità di una moderna impresa editoriale musicale. Dopo un viaggio a Lipsia, nel 1807, per apprendere le tecniche di incisione presso l’editore tedesco Breitkopf & Härtel, Ricordi importò in Italia un torchio calcografico e fondò a Milano la sua casa editrice, introducendo per la prima volta nel Paese la stampa a incisione di spartiti operistici. Già nel 1808 pubblicò lo spartito per canto e pianoforte di un’opera completa – Adelasia e Aleramo di Mayr – un fatto inedito in un’epoca in cui si diffondevano soltanto arie o brani singoli, manoscritti o a stampa. Questa innovazione rispondeva al crescente mercato degli amatori di musica, consentendo a cantanti e dilettanti di acquistare l’intera opera in partitura ridotta, mentre le partiture orchestrali restavano di proprietà dell’editore e venivano noleggiate ai teatri per le esecuzioni. Questa duplice strategia – vendita degli spartiti ai privati e noleggio dei materiali orchestrali ai teatri – pose le basi del successo imprenditoriale di Casa Ricordi. Nei decenni successivi l’azienda crebbe, trasformandosi da bottega artigiana in un’industria culturale a tutti gli effetti. Giovanni Ricordi fu anche formatore di incisori e stampatori: collaborò con l’incisore torinese Felice Festa e avviò una tradizione italiana nell’arte dell’incisione musicale, creando una vera e propria “scuola” di artigiani specializzati. Parallelamente adottò moderne strategie di business: ampliò il catalogo acquisendo interi archivi musicali – come quello del Teatro alla Scala nel 1825 – e opere di editori concorrenti, costruendo così un repertorio vastissimo. Alla metà dell’Ottocento il catalogo Ricordi vantava migliaia di titoli, includendo opere dei maggiori operisti italiani (Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante ecc.) e assicurandosi fin dagli esordi la collaborazione di Giuseppe Verdi. Proprio la lungimirante politica di contratti di esclusiva con compositori di primo piano, come Verdi, conferì a Casa Ricordi un ruolo dominante nel panorama musicale italiano e internazionale della seconda metà dell’Ottocento. Verso la fine del secolo l’azienda compì il salto definitivo verso l’industrializzazione. Sfruttando i progressi tecnologici e legislativi – come si vedrà a proposito del diritto d’autore – nel 1883 Ricordi inaugurò a Milano un nuovo stabilimento tipografico all’avanguardia, descritto all’epoca come uno dei più moderni ed efficienti d’Europa. In questo vasto complesso di oltre 4.000 mq vennero affiancate alla stampa musicale tradizionale anche le più avanzate tecniche litografiche e tipografiche: erano installate quindici macchine litografiche a colori, dieci torchi litografici e nove torchi calcografici, con una capacità produttiva di circa 25 milioni di fogli musicali all’anno. L’impianto comprendeva anche servizi innovativi per i lavoratori, come docce e deposito per biciclette, segno di un’organizzazione industriale moderna. Grazie a questa infrastruttura, Casa Ricordi poté gestire internamente l’intero ciclo produttivo – incisione, stampa e distribuzione – e rafforzare la propria rete commerciale con filiali nelle principali città italiane (Napoli, Firenze, Roma, Palermo) e all’estero (Londra nel 1878, Parigi nel 1888, New York nel 1906). L’evoluzione da impresa familiare a colosso editoriale internazionale era compiuta: Ricordi si affermò come “l’editore dei grandi operisti italiani”, trasformando un mestiere artigianale in un’industria culturale destinata a segnare la storia della musica.
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Archivi, autografi e diritto d’autore
Sin dagli inizi, Casa Ricordi mostrò una spiccata sensibilità per la conservazione del patrimonio musicale e per la tutela dei diritti degli autori. In un’epoca in cui le opere liriche erano spesso considerate effimere – patrimonio dei teatri o degli impresari più che creazioni “d’autore” – Giovanni Ricordi avviò la pratica di preservare e centralizzare i materiali originali. Già nel 1806 ottenne dal Teatro Carcano di Milano l’autorizzazione a trattenere copie dei materiali orchestrali delle opere rappresentate, costituendo il nucleo di un archivio musicale di proprietà, destinato al noleggio. Questo fu l’embrione di quello che sarebbe divenuto l’Archivio Storico Ricordi, una collezione vastissima di partiture, spartiti e documenti oggi riconosciuta come uno dei più importanti archivi musicali privati al mondo. Nel corso dell’Ottocento l’archivio si accrebbe attraverso ulteriori acquisizioni: Tito Ricordi, figlio di Giovanni, rilevò archivi teatrali di varie città e nel 1825 acquistò l’intero archivio del Teatro alla Scala, arrivando a possedere migliaia di partiture manoscritte e materiali d’orchestra. Quest'opera di salvataggio e collezione degli autografi originali assicurò, da un lato, la conservazione della memoria storica dell’opera italiana e, dall’altro, conferì a Ricordi una posizione di forza nel controllo delle esecuzioni, poiché chiunque volesse rappresentare un’opera doveva rivolgersi all’editore detentore dei materiali autentici. Parallelamente, Casa Ricordi fu protagonista delle battaglie per il riconoscimento giuridico del diritto d’autore in ambito musicale. A metà Ottocento, in assenza di una legislazione adeguata, i compositori non godevano di tutela e gli editori erano costretti a contrastare la pirateria con mezzi propri. Tito Ricordi si fece carico di questa causa, divenendo portavoce, in Italia e in Europa, delle istanze per una normativa moderna sul copyright. Il suo impegno fu determinante in un periodo di intenso dibattito internazionale, culminato nella Convenzione di Berna del 1886: anche grazie alle pressioni di Ricordi, vennero emanate norme che garantivano agli autori diritti esclusivi sulle loro opere per un determinato numero di anni. Emblematico è un caso dei primi anni del Novecento: Casa Ricordi vinse una causa legale contro la Gramophone Company (filiale italiana) per violazione dei diritti d’autore, ottenendo il riconoscimento del diritto dei compositori a percepire compensi per lo sfruttamento delle opere nei primi quarant’anni dalla loro creazione. Questa sentenza costituì un precedente di grande rilievo, sancendo ufficialmente il principio secondo cui l’opera dell’ingegno musicale dovesse essere protetta e remunerata. Più in generale, le battaglie legali di Casa Ricordi contribuirono in modo decisivo alla stabilizzazione della giurisprudenza italiana in materia di diritto d’autore. Grazie a questo rinnovato scenario normativo, l’editore poté consolidare i propri investimenti industriali e culturali. La tutela del copyright consentì infatti a Ricordi non solo di difendere i propri interessi economici, ma anche di valorizzare il catalogo come patrimonio culturale da tramandare. La cura degli autografi originali – oggi conservati in gran parte presso la Biblioteca Braidense di Milano – e la documentazione meticolosa di ogni opera pubblicata riflettono la volontà di preservare per il futuro la “memoria” della musica italiana. In tal senso, Casa Ricordi svolse un ruolo pionieristico nell’affermazione del compositore come autore-creatore di opere d’arte autonome, meritevoli di essere conservate e protette, e non come semplice fornitore di musica d’occasione. Questa visione, unita a un’azione concreta sia sul piano archivistico sia su quello legislativo, fece di Ricordi un attore chiave nella tutela del patrimonio musicale nazionale.
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Archivi, autografi e diritto d’autore
Sin dagli inizi, Casa Ricordi mostrò una spiccata sensibilità per la conservazione del patrimonio musicale e per la tutela dei diritti degli autori. In un’epoca in cui le opere liriche erano spesso considerate effimere – patrimonio dei teatri o degli impresari più che creazioni “d’autore” – Giovanni Ricordi avviò la pratica di preservare e centralizzare i materiali originali. Già nel 1806 ottenne dal Teatro Carcano di Milano l’autorizzazione a trattenere copie dei materiali orchestrali delle opere rappresentate, costituendo il nucleo di un archivio musicale di proprietà, destinato al noleggio. Questo fu l’embrione di quello che sarebbe divenuto l’Archivio Storico Ricordi, una collezione vastissima di partiture, spartiti e documenti oggi riconosciuta come uno dei più importanti archivi musicali privati al mondo. Nel corso dell’Ottocento l’archivio si accrebbe attraverso ulteriori acquisizioni: Tito Ricordi, figlio di Giovanni, rilevò archivi teatrali di varie città e nel 1825 acquistò l’intero archivio del Teatro alla Scala, arrivando a possedere migliaia di partiture manoscritte e materiali d’orchestra. Quest'opera di salvataggio e collezione degli autografi originali assicurò, da un lato, la conservazione della memoria storica dell’opera italiana e, dall’altro, conferì a Ricordi una posizione di forza nel controllo delle esecuzioni, poiché chiunque volesse rappresentare un’opera doveva rivolgersi all’editore detentore dei materiali autentici. Parallelamente, Casa Ricordi fu protagonista delle battaglie per il riconoscimento giuridico del diritto d’autore in ambito musicale. A metà Ottocento, in assenza di una legislazione adeguata, i compositori non godevano di tutela e gli editori erano costretti a contrastare la pirateria con mezzi propri. Tito Ricordi si fece carico di questa causa, divenendo portavoce, in Italia e in Europa, delle istanze per una normativa moderna sul copyright. Il suo impegno fu determinante in un periodo di intenso dibattito internazionale, culminato nella Convenzione di Berna del 1886: anche grazie alle pressioni di Ricordi, vennero emanate norme che garantivano agli autori diritti esclusivi sulle loro opere per un determinato numero di anni. Emblematico è un caso dei primi anni del Novecento: Casa Ricordi vinse una causa legale contro la Gramophone Company (filiale italiana) per violazione dei diritti d’autore, ottenendo il riconoscimento del diritto dei compositori a percepire compensi per lo sfruttamento delle opere nei primi quarant’anni dalla loro creazione. Questa sentenza costituì un precedente di grande rilievo, sancendo ufficialmente il principio secondo cui l’opera dell’ingegno musicale dovesse essere protetta e remunerata. Più in generale, le battaglie legali di Casa Ricordi contribuirono in modo decisivo alla stabilizzazione della giurisprudenza italiana in materia di diritto d’autore. Grazie a questo rinnovato scenario normativo, l’editore poté consolidare i propri investimenti industriali e culturali. La tutela del copyright consentì infatti a Ricordi non solo di difendere i propri interessi economici, ma anche di valorizzare il catalogo come patrimonio culturale da tramandare. La cura degli autografi originali – oggi conservati in gran parte presso la Biblioteca Braidense di Milano – e la documentazione meticolosa di ogni opera pubblicata riflettono la volontà di preservare per il futuro la “memoria” della musica italiana. In tal senso, Casa Ricordi svolse un ruolo pionieristico nell’affermazione del compositore come autore-creatore di opere d’arte autonome, meritevoli di essere conservate e protette, e non come semplice fornitore di musica d’occasione. Questa visione, unita a un’azione concreta sia sul piano archivistico sia su quello legislativo, fece di Ricordi un attore chiave nella tutela del patrimonio musicale nazionale.
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Archivi, autografi e diritto d’autore
Sin dagli inizi, Casa Ricordi mostrò una spiccata sensibilità per la conservazione del patrimonio musicale e per la tutela dei diritti degli autori. In un’epoca in cui le opere liriche erano spesso considerate effimere – patrimonio dei teatri o degli impresari più che creazioni “d’autore” – Giovanni Ricordi avviò la pratica di preservare e centralizzare i materiali originali. Già nel 1806 ottenne dal Teatro Carcano di Milano l’autorizzazione a trattenere copie dei materiali orchestrali delle opere rappresentate, costituendo il nucleo di un archivio musicale di proprietà, destinato al noleggio. Questo fu l’embrione di quello che sarebbe divenuto l’Archivio Storico Ricordi, una collezione vastissima di partiture, spartiti e documenti oggi riconosciuta come uno dei più importanti archivi musicali privati al mondo. Nel corso dell’Ottocento l’archivio si accrebbe attraverso ulteriori acquisizioni: Tito Ricordi, figlio di Giovanni, rilevò archivi teatrali di varie città e nel 1825 acquistò l’intero archivio del Teatro alla Scala, arrivando a possedere migliaia di partiture manoscritte e materiali d’orchestra. Quest'opera di salvataggio e collezione degli autografi originali assicurò, da un lato, la conservazione della memoria storica dell’opera italiana e, dall’altro, conferì a Ricordi una posizione di forza nel controllo delle esecuzioni, poiché chiunque volesse rappresentare un’opera doveva rivolgersi all’editore detentore dei materiali autentici. Parallelamente, Casa Ricordi fu protagonista delle battaglie per il riconoscimento giuridico del diritto d’autore in ambito musicale. A metà Ottocento, in assenza di una legislazione adeguata, i compositori non godevano di tutela e gli editori erano costretti a contrastare la pirateria con mezzi propri. Tito Ricordi si fece carico di questa causa, divenendo portavoce, in Italia e in Europa, delle istanze per una normativa moderna sul copyright. Il suo impegno fu determinante in un periodo di intenso dibattito internazionale, culminato nella Convenzione di Berna del 1886: anche grazie alle pressioni di Ricordi, vennero emanate norme che garantivano agli autori diritti esclusivi sulle loro opere per un determinato numero di anni. Emblematico è un caso dei primi anni del Novecento: Casa Ricordi vinse una causa legale contro la Gramophone Company (filiale italiana) per violazione dei diritti d’autore, ottenendo il riconoscimento del diritto dei compositori a percepire compensi per lo sfruttamento delle opere nei primi quarant’anni dalla loro creazione. Questa sentenza costituì un precedente di grande rilievo, sancendo ufficialmente il principio secondo cui l’opera dell’ingegno musicale dovesse essere protetta e remunerata. Più in generale, le battaglie legali di Casa Ricordi contribuirono in modo decisivo alla stabilizzazione della giurisprudenza italiana in materia di diritto d’autore. Grazie a questo rinnovato scenario normativo, l’editore poté consolidare i propri investimenti industriali e culturali. La tutela del copyright consentì infatti a Ricordi non solo di difendere i propri interessi economici, ma anche di valorizzare il catalogo come patrimonio culturale da tramandare. La cura degli autografi originali – oggi conservati in gran parte presso la Biblioteca Braidense di Milano – e la documentazione meticolosa di ogni opera pubblicata riflettono la volontà di preservare per il futuro la “memoria” della musica italiana. In tal senso, Casa Ricordi svolse un ruolo pionieristico nell’affermazione del compositore come autore-creatore di opere d’arte autonome, meritevoli di essere conservate e protette, e non come semplice fornitore di musica d’occasione. Questa visione, unita a un’azione concreta sia sul piano archivistico sia su quello legislativo, fece di Ricordi un attore chiave nella tutela del patrimonio musicale nazionale.
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Grafica, manifesti e immaginario dell’opera
Tra Otto e Novecento, Casa Ricordi seppe costruire un’inedita identità visiva legata alle opere e ai compositori del proprio catalogo, anticipando concetti moderni di branding e comunicazione visiva. Sotto la guida di Giulio Ricordi – figlio di Tito I e direttore dell’azienda dal 1888 al 1912 – l’editore investì con decisione nelle arti grafiche applicate alla musica. Nel 1888 Giulio impresse una svolta alle Officine Grafiche Ricordi, il reparto interno dedicato alla stampa e alla litografia, nominando il pittore e scenografo Adolf Hohenstein direttore artistico. Hohenstein, tedesco di nascita ma attivo a Milano, radunò attorno a sé una squadra di giovani talenti del disegno e della grafica pubblicitaria, formando la prima generazione dei grandi cartellonisti italiani. Tra questi figurano nomi destinati a entrare nella storia delle arti grafiche: Giovanni Mario Mataloni, Leopoldo Metlicovitz, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, solo per citare i più noti. Grazie alla loro creatività, Casa Ricordi elaborò un ricchissimo immaginario visivo per la promozione delle opere: copertine illustrate per spartiti e libretti, manifesti a colori per reclamizzare le prime rappresentazioni, nonché una vasta gamma di materiali promozionali (cartoline da collezione, annunci illustrati sulle riviste musicali, ecc.). Ogni nuovo titolo operistico veniva associato a un preciso motivo iconografico, spesso affidato a un artista di punta, così da conferirgli un’identità riconoscibile anche sul piano visivo. I manifesti e le illustrazioni prodotte dalle Officine Ricordi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fecero scuola e segnarono la nascita della grafica pubblicitaria italiana nello stile Liberty/Art Nouveau. Celebri sono, ad esempio, i manifesti delle opere di Puccini: La Bohème (1896), con le scene parigine dipinte da Hohenstein; Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904), con le raffinate locandine di Metlicovitz; fino ai manifesti di Dudovich per Turandot (1926). Questi “cartelli artistici” – come venivano chiamati all’interno di Casa Ricordi – erano considerati autentici fiori all’occhiello dell’azienda. Oltre alla loro funzione promozionale immediata, contribuirono a educare il gusto estetico del pubblico: attraverso immagini seducenti e stilizzate, gli editori intendevano avvicinare le masse all’arte e alla bellezza. La cura dell’aspetto visivo arrivava a coinvolgere persino la messinscena. Giulio Ricordi incoraggiava infatti un approccio integrato, in cui scenografie, costumi e materiali pubblicitari fossero concepiti in modo coerente, creando un “unico orizzonte visivo” per l’opera. In questo modo l’esperienza dello spettatore iniziava già dal manifesto in strada o dalla copertina del libretto, alimentando l’immaginario dell’opera prima ancora del rialzo del sipario. L’innovazione di Ricordi nel campo grafico si inseriva nel contesto più ampio della Seconda Rivoluzione Industriale e del modernismo internazionale. Sul finire dell’Ottocento, l’Art Nouveau si diffuse in tutta Europa, e Casa Ricordi fu tra le prime realtà italiane ad allinearsi a questi modelli stilistici d’avanguardia, traducendoli in chiave nazionale. L’incontro tra la sensibilità artistica di illustratori di talento e la visione imprenditoriale di Giulio Ricordi generò un linguaggio grafico originale, pienamente contemporaneo e al tempo stesso profondamente legato al mondo dell’opera. L’eredità di quell’epoca pionieristica è visibile ancora oggi: i manifesti storici Ricordi sono conservati come opere d’arte – molti dei quali esposti in musei e collezioni – e l’Archivio Ricordi sta ricostruendo e digitalizzando l’intera produzione cromolitografica pubblicitaria di oltre mezzo secolo. In definitiva, attraverso l’identità visiva, Casa Ricordi contribuì a mitizzare i propri compositori e le loro opere, fissandone l’immagine nell’immaginario collettivo: si pensi al “cigno di Busseto”, Giuseppe Verdi, incorniciato da eleganti motivi liberty verdi e oro, o al giovane Puccini associato alle figure femminili raffinate dello stile Liberty. Questo patrimonio iconografico resta una testimonianza tangibile di come un editore abbia saputo fondere arte e commercio, elevando la grafica a componente essenziale del successo di un prodotto culturale.
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Grafica, manifesti e immaginario dell’opera
Tra Otto e Novecento, Casa Ricordi seppe costruire un’inedita identità visiva legata alle opere e ai compositori del proprio catalogo, anticipando concetti moderni di branding e comunicazione visiva. Sotto la guida di Giulio Ricordi – figlio di Tito I e direttore dell’azienda dal 1888 al 1912 – l’editore investì con decisione nelle arti grafiche applicate alla musica. Nel 1888 Giulio impresse una svolta alle Officine Grafiche Ricordi, il reparto interno dedicato alla stampa e alla litografia, nominando il pittore e scenografo Adolf Hohenstein direttore artistico. Hohenstein, tedesco di nascita ma attivo a Milano, radunò attorno a sé una squadra di giovani talenti del disegno e della grafica pubblicitaria, formando la prima generazione dei grandi cartellonisti italiani. Tra questi figurano nomi destinati a entrare nella storia delle arti grafiche: Giovanni Mario Mataloni, Leopoldo Metlicovitz, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, solo per citare i più noti. Grazie alla loro creatività, Casa Ricordi elaborò un ricchissimo immaginario visivo per la promozione delle opere: copertine illustrate per spartiti e libretti, manifesti a colori per reclamizzare le prime rappresentazioni, nonché una vasta gamma di materiali promozionali (cartoline da collezione, annunci illustrati sulle riviste musicali, ecc.). Ogni nuovo titolo operistico veniva associato a un preciso motivo iconografico, spesso affidato a un artista di punta, così da conferirgli un’identità riconoscibile anche sul piano visivo. I manifesti e le illustrazioni prodotte dalle Officine Ricordi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fecero scuola e segnarono la nascita della grafica pubblicitaria italiana nello stile Liberty/Art Nouveau. Celebri sono, ad esempio, i manifesti delle opere di Puccini: La Bohème (1896), con le scene parigine dipinte da Hohenstein; Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904), con le raffinate locandine di Metlicovitz; fino ai manifesti di Dudovich per Turandot (1926). Questi “cartelli artistici” – come venivano chiamati all’interno di Casa Ricordi – erano considerati autentici fiori all’occhiello dell’azienda. Oltre alla loro funzione promozionale immediata, contribuirono a educare il gusto estetico del pubblico: attraverso immagini seducenti e stilizzate, gli editori intendevano avvicinare le masse all’arte e alla bellezza. La cura dell’aspetto visivo arrivava a coinvolgere persino la messinscena. Giulio Ricordi incoraggiava infatti un approccio integrato, in cui scenografie, costumi e materiali pubblicitari fossero concepiti in modo coerente, creando un “unico orizzonte visivo” per l’opera. In questo modo l’esperienza dello spettatore iniziava già dal manifesto in strada o dalla copertina del libretto, alimentando l’immaginario dell’opera prima ancora del rialzo del sipario. L’innovazione di Ricordi nel campo grafico si inseriva nel contesto più ampio della Seconda Rivoluzione Industriale e del modernismo internazionale. Sul finire dell’Ottocento, l’Art Nouveau si diffuse in tutta Europa, e Casa Ricordi fu tra le prime realtà italiane ad allinearsi a questi modelli stilistici d’avanguardia, traducendoli in chiave nazionale. L’incontro tra la sensibilità artistica di illustratori di talento e la visione imprenditoriale di Giulio Ricordi generò un linguaggio grafico originale, pienamente contemporaneo e al tempo stesso profondamente legato al mondo dell’opera. L’eredità di quell’epoca pionieristica è visibile ancora oggi: i manifesti storici Ricordi sono conservati come opere d’arte – molti dei quali esposti in musei e collezioni – e l’Archivio Ricordi sta ricostruendo e digitalizzando l’intera produzione cromolitografica pubblicitaria di oltre mezzo secolo. In definitiva, attraverso l’identità visiva, Casa Ricordi contribuì a mitizzare i propri compositori e le loro opere, fissandone l’immagine nell’immaginario collettivo: si pensi al “cigno di Busseto”, Giuseppe Verdi, incorniciato da eleganti motivi liberty verdi e oro, o al giovane Puccini associato alle figure femminili raffinate dello stile Liberty. Questo patrimonio iconografico resta una testimonianza tangibile di come un editore abbia saputo fondere arte e commercio, elevando la grafica a componente essenziale del successo di un prodotto culturale.
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Grafica, manifesti e immaginario dell’opera
Tra Otto e Novecento, Casa Ricordi seppe costruire un’inedita identità visiva legata alle opere e ai compositori del proprio catalogo, anticipando concetti moderni di branding e comunicazione visiva. Sotto la guida di Giulio Ricordi – figlio di Tito I e direttore dell’azienda dal 1888 al 1912 – l’editore investì con decisione nelle arti grafiche applicate alla musica. Nel 1888 Giulio impresse una svolta alle Officine Grafiche Ricordi, il reparto interno dedicato alla stampa e alla litografia, nominando il pittore e scenografo Adolf Hohenstein direttore artistico. Hohenstein, tedesco di nascita ma attivo a Milano, radunò attorno a sé una squadra di giovani talenti del disegno e della grafica pubblicitaria, formando la prima generazione dei grandi cartellonisti italiani. Tra questi figurano nomi destinati a entrare nella storia delle arti grafiche: Giovanni Mario Mataloni, Leopoldo Metlicovitz, Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, solo per citare i più noti. Grazie alla loro creatività, Casa Ricordi elaborò un ricchissimo immaginario visivo per la promozione delle opere: copertine illustrate per spartiti e libretti, manifesti a colori per reclamizzare le prime rappresentazioni, nonché una vasta gamma di materiali promozionali (cartoline da collezione, annunci illustrati sulle riviste musicali, ecc.). Ogni nuovo titolo operistico veniva associato a un preciso motivo iconografico, spesso affidato a un artista di punta, così da conferirgli un’identità riconoscibile anche sul piano visivo. I manifesti e le illustrazioni prodotte dalle Officine Ricordi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fecero scuola e segnarono la nascita della grafica pubblicitaria italiana nello stile Liberty/Art Nouveau. Celebri sono, ad esempio, i manifesti delle opere di Puccini: La Bohème (1896), con le scene parigine dipinte da Hohenstein; Tosca (1900) e Madama Butterfly (1904), con le raffinate locandine di Metlicovitz; fino ai manifesti di Dudovich per Turandot (1926). Questi “cartelli artistici” – come venivano chiamati all’interno di Casa Ricordi – erano considerati autentici fiori all’occhiello dell’azienda. Oltre alla loro funzione promozionale immediata, contribuirono a educare il gusto estetico del pubblico: attraverso immagini seducenti e stilizzate, gli editori intendevano avvicinare le masse all’arte e alla bellezza. La cura dell’aspetto visivo arrivava a coinvolgere persino la messinscena. Giulio Ricordi incoraggiava infatti un approccio integrato, in cui scenografie, costumi e materiali pubblicitari fossero concepiti in modo coerente, creando un “unico orizzonte visivo” per l’opera. In questo modo l’esperienza dello spettatore iniziava già dal manifesto in strada o dalla copertina del libretto, alimentando l’immaginario dell’opera prima ancora del rialzo del sipario. L’innovazione di Ricordi nel campo grafico si inseriva nel contesto più ampio della Seconda Rivoluzione Industriale e del modernismo internazionale. Sul finire dell’Ottocento, l’Art Nouveau si diffuse in tutta Europa, e Casa Ricordi fu tra le prime realtà italiane ad allinearsi a questi modelli stilistici d’avanguardia, traducendoli in chiave nazionale. L’incontro tra la sensibilità artistica di illustratori di talento e la visione imprenditoriale di Giulio Ricordi generò un linguaggio grafico originale, pienamente contemporaneo e al tempo stesso profondamente legato al mondo dell’opera. L’eredità di quell’epoca pionieristica è visibile ancora oggi: i manifesti storici Ricordi sono conservati come opere d’arte – molti dei quali esposti in musei e collezioni – e l’Archivio Ricordi sta ricostruendo e digitalizzando l’intera produzione cromolitografica pubblicitaria di oltre mezzo secolo. In definitiva, attraverso l’identità visiva, Casa Ricordi contribuì a mitizzare i propri compositori e le loro opere, fissandone l’immagine nell’immaginario collettivo: si pensi al “cigno di Busseto”, Giuseppe Verdi, incorniciato da eleganti motivi liberty verdi e oro, o al giovane Puccini associato alle figure femminili raffinate dello stile Liberty. Questo patrimonio iconografico resta una testimonianza tangibile di come un editore abbia saputo fondere arte e commercio, elevando la grafica a componente essenziale del successo di un prodotto culturale.
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Ricordi e il controllo della produzione operistica
Nel corso del XIX secolo, il ruolo di Casa Ricordi andò ben oltre la semplice pubblicazione di spartiti, fino a trasformare l’editore in un vero e proprio impresario delle produzioni teatrali. Grazie alla sua posizione centrale nel sistema operistico, Ricordi riuscì progressivamente a intervenire nelle scelte sia artistiche sia commerciali legate alle nuove opere, influenzando regie, allestimenti e carriere dei compositori. In pratica, l’editore milanese superò il ruolo tradizionale degli impresari teatrali, ponendosi esso stesso come coordinatore e promotore degli spettacoli lirici. Già Giovanni e Tito Ricordi avevano intuito che, per garantire il successo di un’opera, non bastava stamparne gli spartiti, ma occorreva anche curarne la diffusione nei teatri più importanti, scegliere interpreti adeguati e proteggere l’opera da eventuali contraffazioni. Con Giulio Ricordi questa impostazione divenne sistematica: Casa Ricordi gestiva direttamente gli allestimenti delle opere dei propri compositori di punta, programmando tournée, mettendo in contatto teatri e autori e, in alcuni casi, finanziando le produzioni iniziali. In tal modo, l’azienda costruì un vero e proprio “impero” nel sistema musicale, basato non solo sulla proprietà dei diritti, ma anche sul controllo della messa in scena. Un caso emblematico fu il rapporto con Giuseppe Verdi. Tito I Ricordi credette nelle potenzialità del compositore fin dagli esordi e lo sostenne attivamente, assicurandosi i diritti di gran parte delle sue opere a partire dal 1843. Verdi, dal canto suo, riconosceva l’importanza dell’editore: tramite Ricordi otteneva l’accesso ai migliori teatri e una promozione capillare delle proprie opere. Questa collaborazione fu così stretta che Verdi divenne quasi un “brand” promosso da Ricordi su scala internazionale – basti pensare alle campagne per Nabucco o, più tardi, per Aida, che contribuirono a fare del compositore un simbolo del Risorgimento italiano. Verso la fine della carriera, fu Giulio Ricordi a persuadere il riluttante Verdi a tornare sulle scene con nuovi lavori: grazie alla diplomazia e all’amicizia di Giulio, soprannominato “il Gran Mogol”, videro la luce Otello (1887) e Falstaff (1893), due capolavori tardivi che Ricordi seguì in ogni fase, dalla gestazione alla prima rappresentazione. In queste operazioni, l’editore fornì suggerimenti sul libretto – Giulio fece da intermediario tra Verdi e il librettista Arrigo Boito – e orchestrò la presentazione mediatica degli eventi, dimostrando capacità da vero regista occulto del successo teatrale. Ancora più evidente fu il ruolo di Giulio Ricordi come mentore di Giacomo Puccini. Fu lui a individuare il giovane compositore dopo Le Villi (1884) e a lanciarne la carriera, aiutandolo a ottenere commissioni importanti e seguendolo passo dopo passo nello sviluppo delle sue opere. Giulio instaurò con Puccini un rapporto quasi paterno: lo consigliava nella scelta dei soggetti, talvolta interveniva sui libretti, lo sosteneva economicamente durante la scrittura e orchestrava raffinate strategie promozionali in occasione del debutto di ogni nuova opera. Per La Bohème (1896) e Tosca (1900), ad esempio, Ricordi curò la propaganda attraverso i propri periodici e i manifesti illustrati, creando grande attesa nel pubblico. Quando Madama Butterfly ebbe una prima rappresentazione disastrosa a Milano nel 1904, fu ancora Ricordi a incoraggiare Puccini a rivedere l’opera e a riproporla con successo pochi mesi dopo. In sostanza, Casa Ricordi contribuì a trasformare i compositori in vere e proprie “star” e i loro nomi in marchi di successo, investendo sulla loro crescita artistica e tutelandone l’immagine. Verdi e Puccini furono i casi più noti, ma lo stesso modello venne applicato anche ad altri musicisti: Ricordi sostenne e promosse figure come Ponchielli, Boito, Catalani e, più tardi, Respighi, accompagnandole verso la scena internazionale. Il pubblico iniziò così ad associare la “griffe” Ricordi a spettacoli di qualità, e i nomi dei compositori divennero una garanzia di richiamo. Dal punto di vista commerciale, questa figura di editore-impresario si tradusse in strategie di marketing ante litteram. Casa Ricordi utilizzava tutti i mezzi a disposizione: la Gazzetta Musicale di Milano fungeva da vetrina per annunci e recensioni favorevoli; manifesti e copertine illustrate costruivano un’immagine riconoscibile delle opere; persino oggetti promozionali come le cartoline illustrate contribuivano a diffondere il “marchio” delle opere presso il pubblico. Inoltre, Ricordi stipulò accordi con teatri e impresari per assicurarsi lunghe serie di repliche delle opere dei propri autori, talvolta accettando una percentuale sugli incassi anziché un pagamento fisso, condividendo così rischio e profitto come avrebbe fatto un impresario. Questo modus operandi, allora innovativo, anticipa pratiche oggi comuni nell’industria culturale: costruzione del brand artistico, controllo della filiera produttiva e promozione integrata su più canali mediatici. All’alba del Novecento, Casa Ricordi poteva così celebrare i cento anni di attività, festeggiati nel 1908, guardando a un passato di successi costruiti non solo con inchiostro e carta, ma anche con fiuto imprenditoriale e profonda passione per lo spettacolo. L’editore era ormai parte inscindibile del processo creativo e produttivo dell’opera lirica italiana.
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Ricordi e il controllo della produzione operistica
Nel corso del XIX secolo, il ruolo di Casa Ricordi andò ben oltre la semplice pubblicazione di spartiti, fino a trasformare l’editore in un vero e proprio impresario delle produzioni teatrali. Grazie alla sua posizione centrale nel sistema operistico, Ricordi riuscì progressivamente a intervenire nelle scelte sia artistiche sia commerciali legate alle nuove opere, influenzando regie, allestimenti e carriere dei compositori. In pratica, l’editore milanese superò il ruolo tradizionale degli impresari teatrali, ponendosi esso stesso come coordinatore e promotore degli spettacoli lirici. Già Giovanni e Tito Ricordi avevano intuito che, per garantire il successo di un’opera, non bastava stamparne gli spartiti, ma occorreva anche curarne la diffusione nei teatri più importanti, scegliere interpreti adeguati e proteggere l’opera da eventuali contraffazioni. Con Giulio Ricordi questa impostazione divenne sistematica: Casa Ricordi gestiva direttamente gli allestimenti delle opere dei propri compositori di punta, programmando tournée, mettendo in contatto teatri e autori e, in alcuni casi, finanziando le produzioni iniziali. In tal modo, l’azienda costruì un vero e proprio “impero” nel sistema musicale, basato non solo sulla proprietà dei diritti, ma anche sul controllo della messa in scena. Un caso emblematico fu il rapporto con Giuseppe Verdi. Tito I Ricordi credette nelle potenzialità del compositore fin dagli esordi e lo sostenne attivamente, assicurandosi i diritti di gran parte delle sue opere a partire dal 1843. Verdi, dal canto suo, riconosceva l’importanza dell’editore: tramite Ricordi otteneva l’accesso ai migliori teatri e una promozione capillare delle proprie opere. Questa collaborazione fu così stretta che Verdi divenne quasi un “brand” promosso da Ricordi su scala internazionale – basti pensare alle campagne per Nabucco o, più tardi, per Aida, che contribuirono a fare del compositore un simbolo del Risorgimento italiano. Verso la fine della carriera, fu Giulio Ricordi a persuadere il riluttante Verdi a tornare sulle scene con nuovi lavori: grazie alla diplomazia e all’amicizia di Giulio, soprannominato “il Gran Mogol”, videro la luce Otello (1887) e Falstaff (1893), due capolavori tardivi che Ricordi seguì in ogni fase, dalla gestazione alla prima rappresentazione. In queste operazioni, l’editore fornì suggerimenti sul libretto – Giulio fece da intermediario tra Verdi e il librettista Arrigo Boito – e orchestrò la presentazione mediatica degli eventi, dimostrando capacità da vero regista occulto del successo teatrale. Ancora più evidente fu il ruolo di Giulio Ricordi come mentore di Giacomo Puccini. Fu lui a individuare il giovane compositore dopo Le Villi (1884) e a lanciarne la carriera, aiutandolo a ottenere commissioni importanti e seguendolo passo dopo passo nello sviluppo delle sue opere. Giulio instaurò con Puccini un rapporto quasi paterno: lo consigliava nella scelta dei soggetti, talvolta interveniva sui libretti, lo sosteneva economicamente durante la scrittura e orchestrava raffinate strategie promozionali in occasione del debutto di ogni nuova opera. Per La Bohème (1896) e Tosca (1900), ad esempio, Ricordi curò la propaganda attraverso i propri periodici e i manifesti illustrati, creando grande attesa nel pubblico. Quando Madama Butterfly ebbe una prima rappresentazione disastrosa a Milano nel 1904, fu ancora Ricordi a incoraggiare Puccini a rivedere l’opera e a riproporla con successo pochi mesi dopo. In sostanza, Casa Ricordi contribuì a trasformare i compositori in vere e proprie “star” e i loro nomi in marchi di successo, investendo sulla loro crescita artistica e tutelandone l’immagine. Verdi e Puccini furono i casi più noti, ma lo stesso modello venne applicato anche ad altri musicisti: Ricordi sostenne e promosse figure come Ponchielli, Boito, Catalani e, più tardi, Respighi, accompagnandole verso la scena internazionale. Il pubblico iniziò così ad associare la “griffe” Ricordi a spettacoli di qualità, e i nomi dei compositori divennero una garanzia di richiamo. Dal punto di vista commerciale, questa figura di editore-impresario si tradusse in strategie di marketing ante litteram. Casa Ricordi utilizzava tutti i mezzi a disposizione: la Gazzetta Musicale di Milano fungeva da vetrina per annunci e recensioni favorevoli; manifesti e copertine illustrate costruivano un’immagine riconoscibile delle opere; persino oggetti promozionali come le cartoline illustrate contribuivano a diffondere il “marchio” delle opere presso il pubblico. Inoltre, Ricordi stipulò accordi con teatri e impresari per assicurarsi lunghe serie di repliche delle opere dei propri autori, talvolta accettando una percentuale sugli incassi anziché un pagamento fisso, condividendo così rischio e profitto come avrebbe fatto un impresario. Questo modus operandi, allora innovativo, anticipa pratiche oggi comuni nell’industria culturale: costruzione del brand artistico, controllo della filiera produttiva e promozione integrata su più canali mediatici. All’alba del Novecento, Casa Ricordi poteva così celebrare i cento anni di attività, festeggiati nel 1908, guardando a un passato di successi costruiti non solo con inchiostro e carta, ma anche con fiuto imprenditoriale e profonda passione per lo spettacolo. L’editore era ormai parte inscindibile del processo creativo e produttivo dell’opera lirica italiana.
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Ricordi e il controllo della produzione operistica
Nel corso del XIX secolo, il ruolo di Casa Ricordi andò ben oltre la semplice pubblicazione di spartiti, fino a trasformare l’editore in un vero e proprio impresario delle produzioni teatrali. Grazie alla sua posizione centrale nel sistema operistico, Ricordi riuscì progressivamente a intervenire nelle scelte sia artistiche sia commerciali legate alle nuove opere, influenzando regie, allestimenti e carriere dei compositori. In pratica, l’editore milanese superò il ruolo tradizionale degli impresari teatrali, ponendosi esso stesso come coordinatore e promotore degli spettacoli lirici. Già Giovanni e Tito Ricordi avevano intuito che, per garantire il successo di un’opera, non bastava stamparne gli spartiti, ma occorreva anche curarne la diffusione nei teatri più importanti, scegliere interpreti adeguati e proteggere l’opera da eventuali contraffazioni. Con Giulio Ricordi questa impostazione divenne sistematica: Casa Ricordi gestiva direttamente gli allestimenti delle opere dei propri compositori di punta, programmando tournée, mettendo in contatto teatri e autori e, in alcuni casi, finanziando le produzioni iniziali. In tal modo, l’azienda costruì un vero e proprio “impero” nel sistema musicale, basato non solo sulla proprietà dei diritti, ma anche sul controllo della messa in scena. Un caso emblematico fu il rapporto con Giuseppe Verdi. Tito I Ricordi credette nelle potenzialità del compositore fin dagli esordi e lo sostenne attivamente, assicurandosi i diritti di gran parte delle sue opere a partire dal 1843. Verdi, dal canto suo, riconosceva l’importanza dell’editore: tramite Ricordi otteneva l’accesso ai migliori teatri e una promozione capillare delle proprie opere. Questa collaborazione fu così stretta che Verdi divenne quasi un “brand” promosso da Ricordi su scala internazionale – basti pensare alle campagne per Nabucco o, più tardi, per Aida, che contribuirono a fare del compositore un simbolo del Risorgimento italiano. Verso la fine della carriera, fu Giulio Ricordi a persuadere il riluttante Verdi a tornare sulle scene con nuovi lavori: grazie alla diplomazia e all’amicizia di Giulio, soprannominato “il Gran Mogol”, videro la luce Otello (1887) e Falstaff (1893), due capolavori tardivi che Ricordi seguì in ogni fase, dalla gestazione alla prima rappresentazione. In queste operazioni, l’editore fornì suggerimenti sul libretto – Giulio fece da intermediario tra Verdi e il librettista Arrigo Boito – e orchestrò la presentazione mediatica degli eventi, dimostrando capacità da vero regista occulto del successo teatrale. Ancora più evidente fu il ruolo di Giulio Ricordi come mentore di Giacomo Puccini. Fu lui a individuare il giovane compositore dopo Le Villi (1884) e a lanciarne la carriera, aiutandolo a ottenere commissioni importanti e seguendolo passo dopo passo nello sviluppo delle sue opere. Giulio instaurò con Puccini un rapporto quasi paterno: lo consigliava nella scelta dei soggetti, talvolta interveniva sui libretti, lo sosteneva economicamente durante la scrittura e orchestrava raffinate strategie promozionali in occasione del debutto di ogni nuova opera. Per La Bohème (1896) e Tosca (1900), ad esempio, Ricordi curò la propaganda attraverso i propri periodici e i manifesti illustrati, creando grande attesa nel pubblico. Quando Madama Butterfly ebbe una prima rappresentazione disastrosa a Milano nel 1904, fu ancora Ricordi a incoraggiare Puccini a rivedere l’opera e a riproporla con successo pochi mesi dopo. In sostanza, Casa Ricordi contribuì a trasformare i compositori in vere e proprie “star” e i loro nomi in marchi di successo, investendo sulla loro crescita artistica e tutelandone l’immagine. Verdi e Puccini furono i casi più noti, ma lo stesso modello venne applicato anche ad altri musicisti: Ricordi sostenne e promosse figure come Ponchielli, Boito, Catalani e, più tardi, Respighi, accompagnandole verso la scena internazionale. Il pubblico iniziò così ad associare la “griffe” Ricordi a spettacoli di qualità, e i nomi dei compositori divennero una garanzia di richiamo. Dal punto di vista commerciale, questa figura di editore-impresario si tradusse in strategie di marketing ante litteram. Casa Ricordi utilizzava tutti i mezzi a disposizione: la Gazzetta Musicale di Milano fungeva da vetrina per annunci e recensioni favorevoli; manifesti e copertine illustrate costruivano un’immagine riconoscibile delle opere; persino oggetti promozionali come le cartoline illustrate contribuivano a diffondere il “marchio” delle opere presso il pubblico. Inoltre, Ricordi stipulò accordi con teatri e impresari per assicurarsi lunghe serie di repliche delle opere dei propri autori, talvolta accettando una percentuale sugli incassi anziché un pagamento fisso, condividendo così rischio e profitto come avrebbe fatto un impresario. Questo modus operandi, allora innovativo, anticipa pratiche oggi comuni nell’industria culturale: costruzione del brand artistico, controllo della filiera produttiva e promozione integrata su più canali mediatici. All’alba del Novecento, Casa Ricordi poteva così celebrare i cento anni di attività, festeggiati nel 1908, guardando a un passato di successi costruiti non solo con inchiostro e carta, ma anche con fiuto imprenditoriale e profonda passione per lo spettacolo. L’editore era ormai parte inscindibile del processo creativo e produttivo dell’opera lirica italiana.
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Musicologia, edizioni critiche e divulgazione
Fin dalla metà dell’Ottocento, Casa Ricordi si distinse anche per l’attenzione alla ricerca musicologica e alla divulgazione colta della musica. Tito Ricordi, in particolare, comprese l’importanza di creare attorno all’attività editoriale un fermento intellettuale e critico. Nel 1842 fondò la Gazzetta Musicale di Milano, un settimanale che per oltre sessant’anni fu un punto di riferimento per musicisti, studiosi e appassionati. La Gazzetta – diretta nei primi anni da personalità di spicco come Alberto Mazzucato, vicino agli ambienti mazziniani – non si limitava a pubblicare annunci o novità editoriali, ma ospitava dibattiti teorici, critiche e saggi storici sulla musica. Si trattava di uno strumento di politica culturale di grande efficacia: attraverso le sue pagine, Ricordi promuoveva discussioni sul valore artistico del melodramma, sulla tutela dei diritti degli autori e sulle nuove correnti compositive emergenti. Si può affermare che la Gazzetta contribuì in modo decisivo alla nascita della musicologia italiana, in un’epoca in cui la disciplina non era ancora istituzionalizzata nelle accademie. Vi scrissero compositori, direttori d’orchestra e teorici, creando un terreno fertile per la circolazione delle idee musicali. Nei decenni successivi, Casa Ricordi proseguì su questa strada con nuove riviste: Rivista Minima (1871–1878), Musica e Musicisti (1902–1905), che raccolse l’eredità della Gazzetta, e infine Ars et Labor (1906–1912). Queste pubblicazioni, pur evolvendo nel taglio e nei contenuti, mantennero costante l’obiettivo di coniugare informazione e approfondimento. Accanto alle notizie su opere e concerti, trovavano spazio articoli storici, analisi tecniche, cronache dalle esposizioni universali e dalle prime rappresentazioni all’estero. Ars et Labor, in particolare, divenne un elegante mensile illustrato, specchio della Belle Époque musicale, con rubriche dedicate alla storia della musica antica, alle nuove composizioni sinfoniche e persino alle tecnologie sonore dell’epoca, come grammofoni e organi elettrici. Attraverso queste riviste, Casa Ricordi alimentò il dibattito musicologico, contribuendo a formare una diffusa consapevolezza storica della musica in Italia. Va ricordato anche il periodico Musica d’oggi, fondato nel 1919 e diretto da Guido M. Gatti, che diede voce alle avanguardie del primo Novecento e alla musica internazionale contemporanea. In questo modo, la funzione editoriale di Ricordi non si esauriva nei libri e negli spartiti, ma abbracciava anche la sfera della ricerca accademica e della critica musicale. Un altro contributo fondamentale di Casa Ricordi alla “ricerca scientifica” musicale fu rappresentato dalle edizioni critiche e dalle opere di riferimento pubblicate nel Novecento. Forte del proprio immenso patrimonio di autografi e fonti originali, l’editore avviò e sostenne progetti editoriali di alto profilo filologico. Già nel 1854 Tito Ricordi aveva promosso un’edizione completa in spartiti delle opere teatrali di Gioachino Rossini, conclusa nel 1867: un’impresa antesignana delle moderne edizioni critiche. Nel corso del XX secolo, grazie a metodi scientifici ormai maturi, Ricordi partecipò alla realizzazione di edizioni critiche delle principali opere liriche, basate sui manoscritti originali e su uno studio comparato delle fonti. Tra queste spicca la monumentale Edizione critica delle Opere di Giuseppe Verdi, avviata negli anni Settanta in collaborazione con istituzioni internazionali, come la University of Chicago Press, e tuttora in corso, che restituisce i capolavori verdiani nella loro forma testuale più autentica. Analoghi progetti furono sviluppati per opere di Rossini, Donizetti, Bellini e Puccini, spesso con il coinvolgimento di musicologi di fama internazionale. Casa Ricordi mise a disposizione il proprio archivio e le proprie competenze editoriali, assumendo il ruolo di coeditore o distributore di volumi divenuti fondamentali per la ricerca. In ambito divulgativo ed enciclopedico, Ricordi curò inoltre importanti pubblicazioni di riferimento. Negli anni Sessanta l’editore pubblicò una vasta Enciclopedia della Musica (1964) e un precedente Dizionario musicale, opere collettive destinate a offrire al grande pubblico conoscenze sistematiche sulla musica. Musicologi come Giacomo Manzoni e Roman Vlad collaborarono a questi volumi, a testimonianza dell’attenzione dell’azienda per la diffusione della cultura musicale. Parallelamente, l’Archivio Ricordi e i suoi curatori contribuirono a progetti come il Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (UTET, anni Ottanta e Novanta), fornendo materiali e consulenza sulla storia dell’opera italiana. In tempi più recenti, Ricordi, in sinergia con Universal Music, ha promosso la pubblicazione di saggi musicologici, collane di studi – ad esempio dedicate alla musica del Novecento – e l’organizzazione di convegni e mostre a carattere storico-scientifico. Tra i casi più significativi si possono ricordare la collaborazione a collane come Musica/Realtà, fondata da Luigi Pestalozza, e la partecipazione a progetti di ricerca universitari sull’opera italiana. Oggi l’Archivio Storico Ricordi continua questa tradizione di ricerca: non solo conserva i documenti, ma li rende accessibili attraverso la Collezione Digitale e collabora con studiosi di tutto il mondo. Il volume celebrativo I piccoli grandi tesori dell’Archivio Ricordi (2019) presenta fotografie, lettere, figurini, manifesti e documenti d’epoca del Fondo Ricordi, accompagnati da saggi che contestualizzano due secoli di musica italiana. Inoltre, gran parte dei periodici storici Ricordi – oltre 5.700 fascicoli dal 1842 al 1965 – è stata digitalizzata e resa consultabile online, favorendo nuove ricerche. Questo impegno ribadisce come Casa Ricordi, pur attraversando trasformazioni proprietarie e organizzative, continui a perseguire la propria missione di trasmissione del sapere musicale. In definitiva, la dimensione scientifica è sempre stata parte integrante dell’identità di Ricordi: dalle dispute estetiche sulle pagine della Gazzetta Musicale di Milano nell’Ottocento, fino alle edizioni critiche e alla digitalizzazione degli archivi nel XXI secolo, l’editore milanese ha agito come ponte tra il mondo creativo dei compositori e quello analitico dei musicologi. Integrando attività imprenditoriale e ricerca intellettuale, Casa Ricordi ha contribuito in modo determinante alla conoscenza e alla preservazione della tradizione musicale italiana.
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Musicologia, edizioni critiche e divulgazione
Fin dalla metà dell’Ottocento, Casa Ricordi si distinse anche per l’attenzione alla ricerca musicologica e alla divulgazione colta della musica. Tito Ricordi, in particolare, comprese l’importanza di creare attorno all’attività editoriale un fermento intellettuale e critico. Nel 1842 fondò la Gazzetta Musicale di Milano, un settimanale che per oltre sessant’anni fu un punto di riferimento per musicisti, studiosi e appassionati. La Gazzetta – diretta nei primi anni da personalità di spicco come Alberto Mazzucato, vicino agli ambienti mazziniani – non si limitava a pubblicare annunci o novità editoriali, ma ospitava dibattiti teorici, critiche e saggi storici sulla musica. Si trattava di uno strumento di politica culturale di grande efficacia: attraverso le sue pagine, Ricordi promuoveva discussioni sul valore artistico del melodramma, sulla tutela dei diritti degli autori e sulle nuove correnti compositive emergenti. Si può affermare che la Gazzetta contribuì in modo decisivo alla nascita della musicologia italiana, in un’epoca in cui la disciplina non era ancora istituzionalizzata nelle accademie. Vi scrissero compositori, direttori d’orchestra e teorici, creando un terreno fertile per la circolazione delle idee musicali. Nei decenni successivi, Casa Ricordi proseguì su questa strada con nuove riviste: Rivista Minima (1871–1878), Musica e Musicisti (1902–1905), che raccolse l’eredità della Gazzetta, e infine Ars et Labor (1906–1912). Queste pubblicazioni, pur evolvendo nel taglio e nei contenuti, mantennero costante l’obiettivo di coniugare informazione e approfondimento. Accanto alle notizie su opere e concerti, trovavano spazio articoli storici, analisi tecniche, cronache dalle esposizioni universali e dalle prime rappresentazioni all’estero. Ars et Labor, in particolare, divenne un elegante mensile illustrato, specchio della Belle Époque musicale, con rubriche dedicate alla storia della musica antica, alle nuove composizioni sinfoniche e persino alle tecnologie sonore dell’epoca, come grammofoni e organi elettrici. Attraverso queste riviste, Casa Ricordi alimentò il dibattito musicologico, contribuendo a formare una diffusa consapevolezza storica della musica in Italia. Va ricordato anche il periodico Musica d’oggi, fondato nel 1919 e diretto da Guido M. Gatti, che diede voce alle avanguardie del primo Novecento e alla musica internazionale contemporanea. In questo modo, la funzione editoriale di Ricordi non si esauriva nei libri e negli spartiti, ma abbracciava anche la sfera della ricerca accademica e della critica musicale. Un altro contributo fondamentale di Casa Ricordi alla “ricerca scientifica” musicale fu rappresentato dalle edizioni critiche e dalle opere di riferimento pubblicate nel Novecento. Forte del proprio immenso patrimonio di autografi e fonti originali, l’editore avviò e sostenne progetti editoriali di alto profilo filologico. Già nel 1854 Tito Ricordi aveva promosso un’edizione completa in spartiti delle opere teatrali di Gioachino Rossini, conclusa nel 1867: un’impresa antesignana delle moderne edizioni critiche. Nel corso del XX secolo, grazie a metodi scientifici ormai maturi, Ricordi partecipò alla realizzazione di edizioni critiche delle principali opere liriche, basate sui manoscritti originali e su uno studio comparato delle fonti. Tra queste spicca la monumentale Edizione critica delle Opere di Giuseppe Verdi, avviata negli anni Settanta in collaborazione con istituzioni internazionali, come la University of Chicago Press, e tuttora in corso, che restituisce i capolavori verdiani nella loro forma testuale più autentica. Analoghi progetti furono sviluppati per opere di Rossini, Donizetti, Bellini e Puccini, spesso con il coinvolgimento di musicologi di fama internazionale. Casa Ricordi mise a disposizione il proprio archivio e le proprie competenze editoriali, assumendo il ruolo di coeditore o distributore di volumi divenuti fondamentali per la ricerca. In ambito divulgativo ed enciclopedico, Ricordi curò inoltre importanti pubblicazioni di riferimento. Negli anni Sessanta l’editore pubblicò una vasta Enciclopedia della Musica (1964) e un precedente Dizionario musicale, opere collettive destinate a offrire al grande pubblico conoscenze sistematiche sulla musica. Musicologi come Giacomo Manzoni e Roman Vlad collaborarono a questi volumi, a testimonianza dell’attenzione dell’azienda per la diffusione della cultura musicale. Parallelamente, l’Archivio Ricordi e i suoi curatori contribuirono a progetti come il Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (UTET, anni Ottanta e Novanta), fornendo materiali e consulenza sulla storia dell’opera italiana. In tempi più recenti, Ricordi, in sinergia con Universal Music, ha promosso la pubblicazione di saggi musicologici, collane di studi – ad esempio dedicate alla musica del Novecento – e l’organizzazione di convegni e mostre a carattere storico-scientifico. Tra i casi più significativi si possono ricordare la collaborazione a collane come Musica/Realtà, fondata da Luigi Pestalozza, e la partecipazione a progetti di ricerca universitari sull’opera italiana. Oggi l’Archivio Storico Ricordi continua questa tradizione di ricerca: non solo conserva i documenti, ma li rende accessibili attraverso la Collezione Digitale e collabora con studiosi di tutto il mondo. Il volume celebrativo I piccoli grandi tesori dell’Archivio Ricordi (2019) presenta fotografie, lettere, figurini, manifesti e documenti d’epoca del Fondo Ricordi, accompagnati da saggi che contestualizzano due secoli di musica italiana. Inoltre, gran parte dei periodici storici Ricordi – oltre 5.700 fascicoli dal 1842 al 1965 – è stata digitalizzata e resa consultabile online, favorendo nuove ricerche. Questo impegno ribadisce come Casa Ricordi, pur attraversando trasformazioni proprietarie e organizzative, continui a perseguire la propria missione di trasmissione del sapere musicale. In definitiva, la dimensione scientifica è sempre stata parte integrante dell’identità di Ricordi: dalle dispute estetiche sulle pagine della Gazzetta Musicale di Milano nell’Ottocento, fino alle edizioni critiche e alla digitalizzazione degli archivi nel XXI secolo, l’editore milanese ha agito come ponte tra il mondo creativo dei compositori e quello analitico dei musicologi. Integrando attività imprenditoriale e ricerca intellettuale, Casa Ricordi ha contribuito in modo determinante alla conoscenza e alla preservazione della tradizione musicale italiana.
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Musicologia, edizioni critiche e divulgazione
Fin dalla metà dell’Ottocento, Casa Ricordi si distinse anche per l’attenzione alla ricerca musicologica e alla divulgazione colta della musica. Tito Ricordi, in particolare, comprese l’importanza di creare attorno all’attività editoriale un fermento intellettuale e critico. Nel 1842 fondò la Gazzetta Musicale di Milano, un settimanale che per oltre sessant’anni fu un punto di riferimento per musicisti, studiosi e appassionati. La Gazzetta – diretta nei primi anni da personalità di spicco come Alberto Mazzucato, vicino agli ambienti mazziniani – non si limitava a pubblicare annunci o novità editoriali, ma ospitava dibattiti teorici, critiche e saggi storici sulla musica. Si trattava di uno strumento di politica culturale di grande efficacia: attraverso le sue pagine, Ricordi promuoveva discussioni sul valore artistico del melodramma, sulla tutela dei diritti degli autori e sulle nuove correnti compositive emergenti. Si può affermare che la Gazzetta contribuì in modo decisivo alla nascita della musicologia italiana, in un’epoca in cui la disciplina non era ancora istituzionalizzata nelle accademie. Vi scrissero compositori, direttori d’orchestra e teorici, creando un terreno fertile per la circolazione delle idee musicali. Nei decenni successivi, Casa Ricordi proseguì su questa strada con nuove riviste: Rivista Minima (1871–1878), Musica e Musicisti (1902–1905), che raccolse l’eredità della Gazzetta, e infine Ars et Labor (1906–1912). Queste pubblicazioni, pur evolvendo nel taglio e nei contenuti, mantennero costante l’obiettivo di coniugare informazione e approfondimento. Accanto alle notizie su opere e concerti, trovavano spazio articoli storici, analisi tecniche, cronache dalle esposizioni universali e dalle prime rappresentazioni all’estero. Ars et Labor, in particolare, divenne un elegante mensile illustrato, specchio della Belle Époque musicale, con rubriche dedicate alla storia della musica antica, alle nuove composizioni sinfoniche e persino alle tecnologie sonore dell’epoca, come grammofoni e organi elettrici. Attraverso queste riviste, Casa Ricordi alimentò il dibattito musicologico, contribuendo a formare una diffusa consapevolezza storica della musica in Italia. Va ricordato anche il periodico Musica d’oggi, fondato nel 1919 e diretto da Guido M. Gatti, che diede voce alle avanguardie del primo Novecento e alla musica internazionale contemporanea. In questo modo, la funzione editoriale di Ricordi non si esauriva nei libri e negli spartiti, ma abbracciava anche la sfera della ricerca accademica e della critica musicale. Un altro contributo fondamentale di Casa Ricordi alla “ricerca scientifica” musicale fu rappresentato dalle edizioni critiche e dalle opere di riferimento pubblicate nel Novecento. Forte del proprio immenso patrimonio di autografi e fonti originali, l’editore avviò e sostenne progetti editoriali di alto profilo filologico. Già nel 1854 Tito Ricordi aveva promosso un’edizione completa in spartiti delle opere teatrali di Gioachino Rossini, conclusa nel 1867: un’impresa antesignana delle moderne edizioni critiche. Nel corso del XX secolo, grazie a metodi scientifici ormai maturi, Ricordi partecipò alla realizzazione di edizioni critiche delle principali opere liriche, basate sui manoscritti originali e su uno studio comparato delle fonti. Tra queste spicca la monumentale Edizione critica delle Opere di Giuseppe Verdi, avviata negli anni Settanta in collaborazione con istituzioni internazionali, come la University of Chicago Press, e tuttora in corso, che restituisce i capolavori verdiani nella loro forma testuale più autentica. Analoghi progetti furono sviluppati per opere di Rossini, Donizetti, Bellini e Puccini, spesso con il coinvolgimento di musicologi di fama internazionale. Casa Ricordi mise a disposizione il proprio archivio e le proprie competenze editoriali, assumendo il ruolo di coeditore o distributore di volumi divenuti fondamentali per la ricerca. In ambito divulgativo ed enciclopedico, Ricordi curò inoltre importanti pubblicazioni di riferimento. Negli anni Sessanta l’editore pubblicò una vasta Enciclopedia della Musica (1964) e un precedente Dizionario musicale, opere collettive destinate a offrire al grande pubblico conoscenze sistematiche sulla musica. Musicologi come Giacomo Manzoni e Roman Vlad collaborarono a questi volumi, a testimonianza dell’attenzione dell’azienda per la diffusione della cultura musicale. Parallelamente, l’Archivio Ricordi e i suoi curatori contribuirono a progetti come il Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e dei Musicisti (UTET, anni Ottanta e Novanta), fornendo materiali e consulenza sulla storia dell’opera italiana. In tempi più recenti, Ricordi, in sinergia con Universal Music, ha promosso la pubblicazione di saggi musicologici, collane di studi – ad esempio dedicate alla musica del Novecento – e l’organizzazione di convegni e mostre a carattere storico-scientifico. Tra i casi più significativi si possono ricordare la collaborazione a collane come Musica/Realtà, fondata da Luigi Pestalozza, e la partecipazione a progetti di ricerca universitari sull’opera italiana. Oggi l’Archivio Storico Ricordi continua questa tradizione di ricerca: non solo conserva i documenti, ma li rende accessibili attraverso la Collezione Digitale e collabora con studiosi di tutto il mondo. Il volume celebrativo I piccoli grandi tesori dell’Archivio Ricordi (2019) presenta fotografie, lettere, figurini, manifesti e documenti d’epoca del Fondo Ricordi, accompagnati da saggi che contestualizzano due secoli di musica italiana. Inoltre, gran parte dei periodici storici Ricordi – oltre 5.700 fascicoli dal 1842 al 1965 – è stata digitalizzata e resa consultabile online, favorendo nuove ricerche. Questo impegno ribadisce come Casa Ricordi, pur attraversando trasformazioni proprietarie e organizzative, continui a perseguire la propria missione di trasmissione del sapere musicale. In definitiva, la dimensione scientifica è sempre stata parte integrante dell’identità di Ricordi: dalle dispute estetiche sulle pagine della Gazzetta Musicale di Milano nell’Ottocento, fino alle edizioni critiche e alla digitalizzazione degli archivi nel XXI secolo, l’editore milanese ha agito come ponte tra il mondo creativo dei compositori e quello analitico dei musicologi. Integrando attività imprenditoriale e ricerca intellettuale, Casa Ricordi ha contribuito in modo determinante alla conoscenza e alla preservazione della tradizione musicale italiana.
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